Il
mondo non chiede che si creda in esso; chiede che ci si accorga di esso, che lo
si apprezzi, e che si abbia attenzione e cura. (J. Hillman)
Nell’appassionato
testo “La politica della bellezza” James Hillman mostra come la nostra
condizione umana attuale sia caratterizzata da uno stato di anestesia, di
“ottundimento psichico” nei confronti del mondo. La nostra cultura
efficientistica e produttivistica, votata al gigantismo, a un “consumismo
gargantuesco”, alla devastazione ambientale ha ottenebrato la nostra
sensibilità, ci ha resi disinteressati e inconsci del mondo reprimendo la
nostra capacità di dare una risposta estetica a ciò che ci circonda, di reagire
al bello e al brutto, di partecipare attivamente all’anima mundi. “Passeggiare accanto a un edificio mal disegnato,
vedersi servire del cibo preparato in modo sciatto e accettarlo, mettere sul
proprio corpo una giacca tagliata e cucita male, per non parlare del non
sentire gli uccelli, del non accorgersi del crepuscolo… tutto questo significa
ignorare il mondo”.
Si
fa urgente per Hillman la necessità di accorgerci e reagire all’assalto del
brutto che si riflette sulla nostra anima personale, ci ingabbia in uno stato di
“conformità ottundente”, di malessere e depressione rendendoci diligenti
cavalli da tiro con i paraocchi che si affrettano e affaticano, giorno dopo
giorno, come lavoratori e come consumatori. È necessario mettersi al servizio
dell’inestinguibile desiderio di bellezza che ha l’anima, “quel sentimento di
misura e armonia cosmica che accendono Eros, l’amore per l’anima in tutte le
sue manifestazioni, non soltanto umane”. È necessario il coraggio del cuore di
ognuno perché, per quanto semplice possa sembrare, la risposta personale ed
estetica di ciascuno può andare ancora più in profondità di ogni protesta o
campagna dettata da qualche ideologismo, delle manifestazioni oceaniche in
piazza sui generi, sul razzismo, sull’ambientalismo.
E secondo l’invito di Hillman di “partire proprio da dove si
è”, nel cuore del caos, ho deciso in questo breve post di partire dalla città
che da pochi giorni mi ha accolta tra i suoi cittadini, di partire dalle
immagini di questo video che ci immergono in un’oasi tenace e spontanea nel cuore di Milano. Una natura ostinata e selvatica che si è ripresa una parte della metropoli
arricchendo un terreno abbandonato a se stesso con pioppi, salici, canneti e
decine di varietà di fiori che costituiscono l’habitat di numerose specie di
uccelli. E sostando in questa natura miniaturizzata, in questa biosfera in
miniatura vorrei raccontare di un progetto, di un piccolo atto di “protesta e
di apprezzamento” che può aprire, a mio parere, delle brecce nella condizione
di ottundimento che ci ha resi inconsapevoli e incuranti della sofferenza
dell’anima del mondo.
Il progetto “Rotaie verdi”, che vede coinvolti in partnership
la cooperativa Eliante, WWF Italia e il comune di Milano, si propone di creare
un corridoio ecologico urbano lungo le linee ferroviarie, dismesse o in attività.
A partire da esperienze già realizzate con successo in altre città come Parigi
(Promenade planteé), Londra (Oasi urbane) e New York (The High Line) questa
struttura si insinuerebbe nel tessuto urbano disseminando lungo i binari dei
treni aree verdi, parchi non addomesticati dove una natura selvaggia, viva e
ricca di biodiversità potrebbe non solo “fornire importanti servizi ambientali
a livello locale, come la regolazione del microclima e il contenimento delle
piante alloctone e dannose come l’Ambrosia”, ma potrebbe “salvaguardare il
bisogno che ha l’anima di bellezza, e il soddisfacimento di questo bisogno da
parte della natura”. Non credo si tratti di idealizzare ed evocare il ritorno a
una natura selvaggia che, come suggerisce Hillman grazie a Jean-Jacques Rosseau
ha allontanato il nostro cuore dalla città, ma di ripristinare l’ambiente
naturale nell’urbano utilizzando mezzi tecnici come hanno fatto per secoli le
arti, come il giardino giapponese che non è natura, ma è l’arte di imitare la
natura. Biosfere in miniatura per tutta la città: “da una romantica e sublime
immersione nella vastità, alla gioia che viene dal considerare il particolare”.
In una prospettiva di medio-lungo periodo il progetto
prevede, inoltre, una riqualificazione architettonica sostenibile delle aree in
abbandono, degli scali dismessi per creare centri di aggregazione per la
cittadinanza. Luoghi d'incontro dove passeggiare, chiacchierare, sostare, dove sia possibile fare una pausa dalle incombenze e lotte quotidiane, dove sia possibile incontrarsi "ad altezza occhio"e in contatto con l'anima. Luoghi della e nella città dove portare il nostro corpo fisico, dove sia possibile ritrovare l'intimità e l'esigenza di stare insieme, di immaginare, parlare, fare, scambiare.
Per andare oltre la scissione tra natura e città, tra piacere e lavoro, tra città e anima e per risvegliare la bellezza "Rotaie verdi" si muove luongo i binari dell'anima, rivendica la necessità di una risposta estetica che "conduce all'azione politica, diventa azione politica, è azione politica".
Prendersi
cura dell’anima della città, significa prendersi cura della nostra anima
personale e dell’anima del mondo.
Un’ecologia che
recuperi l’anima non ha luogo soltanto nella Sierra Nevada: noi recuperiamo
l’anima quando recuperiamo la città nei nostri singoli cuori, il coraggio,
l’immaginazione, e l’amore che portiamo alla civiltà.(J. Hillman)