martedì 1 giugno 2010

la chitarra spudorata di Balthus


Disvelamento dello strato profondo in cui si radica ogni vera lezione, messa a nudo della fantasia che anima il corpo a corpo dell'insegnare e apprendere, vortice in cui si accordano i desideri occulti e impossibili con l’inatteso dischiudersi in piena luce del loro soddisfarsi, la “lezione di chitarra” di Balthus, è certo un quadro che fu, resta e rimarrà pietra di scandalo e insieme nutrimento inesauribile di ogni sguardo educativo appassionato d’eros e d’ambiguità.
In esso, nella sua evidenza sfolgorante -in cui il ventre chiarissimo dell’adolescente, marcato su quella gonna scura che pende come una bandiera ammainata sotto il sesso scoperto, appare offerto alla piccola e delicata mano di una maestra esigente e sapiente-, nulla è celato, eppure tutto è indecidibile. Sulla consueta linearità geometrica che taglia il dipinto sul fondo, al modo delle misteriose scacchiere che spesso giacciono a lato dei soggetti preferiti di Balthus, sulle strisce della tappezzeria verdi e rosa, contro il lato rigido e diritto del pianoforte austero a sinistra della scena principale, il motivo dai morbidi e vorticosi intrecci al centro, appare esibito senza mezze misure e vi risuona ancor più visceralmente per contrasto.
Lo spettacolo erotico della maestra che suona la sua allieva, come se fosse la chitarra che doveva separarle e intimare loro la condotta di una relazione disciplinata, è gridato dalla luce, ancor prima che dai gesti. Esplode nella chiarezza delle carni, il bianco latteo del sesso glabro dell’adolescente e la luminosità di quel seno che letteralmente erompe dalla scollatura della maestra, un seno soltanto, che evoca l’immagine dell’ “Alice nello specchio” tanto amato da Jouve ma forse ancora di più quello della “Toilette di Cathy”, tondo e compatto ma allo stesso appuntito e provocante come un’interrogazione (è forse il seno della mestra che ora si tratta di imparare a suonare? E’ forse questa l’ “interrogazione” cui si tratta di prepararsi?).
L’adulta, il cui volto, a giudizio di alcuni evoca le fattezze della madre di Balthus, la seducente Baladine amica e amante di Rilke, ha fatto immaginare una bizzarra iniziazione edipica, con lo stesso Balthus nei panni dell’adolescente, di quel Narciso cui spesso amavano ricondurlo da ragazzo gli amici artisti della cerchia familiare. Ma, a prescindere da ogni capziosa ipotesi psicoanalitica, salta all’occhio la veemenza del quadro, la crudeltà, che fece tanto amare Balthus ad Artaud quanto al mondo affascinato da Sade che si radunava intorno alla rivista “Minotaure” negli anni ’30, la calma decisione che figura nell’atteggiamento dell’adulta mentre maneggia il corpo della ragazzina. Lo stesso Balthus rivendicò a questo quadro la sua forza erotica e provocatoria. “Morte agli ipocriti!” scrisse al proposito a Antoinette de Wattewille, “io voglio declamare alla luce del sole, con sincerità e partecipazione, tutta la tragedia e l’emozione di un dramma della carne, proclamare a gran voce le incrollabili leggi dell’istinto”. Come dargli torto? Vi è riuscito pienamente, sfidando ogni ipocrisia, rivelando d’un colpo i moventi segreti che spesso radunano corpi di adulti e adolescenti ben al di là degli scopi meritori che dovrebbero ordinarne la prossimità.
Se non risuona propriamente l’educazione libertina di Eugénie della sadiana “filosofia del boudoir”, certo sempre di educazione sembra necessario parlare. Un’antieducazione forse, in cui lo strumento differenziatore giace ammutolito sul pavimento e la musica viene suonata dai corpi, in un’armonia certo ambigua ma non meno rivelatrice. Di primo acchito sembra trattarsi di una violenza, la presa ferrea dei capelli della ragazza appare inequivocabile ma poi alcuni dettagli perturbano l’immagine crudele. L’abbandono totale dell’adolescente (imputato anche all’iconografia sacra di una Pietà di Quarton del millequattrocento) è l’effetto di una sorta di deliquio o raffigura piuttosto un’estrema accettazione? Gli occhi socchiusi sono il frutto della sofferenza o del piacere? La mano che si solleva verso il seno denudato della maestra è un ultimo tentativo di aggrapparsi e di difendersi o è il segno della premura di restituire il godimento?
Dipinto emblematico, che ancora, come mi ha dimostrato una recente esibizione con giovani allievi universitari, suscita sconcerto, forse proprio perché dice senza giri di parole quell’indicibile che serpeggia dietro le pie intenzioni del bravo educatore, quell’indicibile però qui così affermativo e vitale da far semmai apparire sconcertanti quei gesti di ritrosia e di scandalo che ancora sfuggono al tempo del grande disincanto.
Anche quel pianoforte silenzioso, dai tasti neri e bianchi improbabilmente alternati, resta una presenza misteriosa e inquietante, traccia di un’estetica del difforme e della dissonanza che forse potrebbe maggiormente alimentare una sensibilità immaginativa e immaginale intorno ai dilemmi dell’educazione.

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