lunedì 1 novembre 2010

Pensare l'anima

E' una figura femminile dal volto antico e dallo sguardo assorto l'angelo che attende alla soglia di questo libro di Donfrancesco. E' lei, la padrona di casa, la "domina" della villa dei Misteri di Pompei che, rivolgendo lo sguardo verso il luogo in cui si celebra il rituale di iniziazione ai misteri dionisiaci, sembra invitarci a partecipare alla vita di quello straordinario affresco miracolosamente sopravvissuto al tempo e al fuoco di cui anch'ella fa parte. E' proprio una personificazione dell'anima a mediare, fin dalla copertina, il nostro accesso a un libro che la ri-guarda con passione e meraviglia riconoscendone la presenza nelle immagini del mondo sensibile trasfigurato dall'arte, in quelle della sofferenza, della morte e dell'esilio intensamente vissute e ri-cordate dalla memoria, nell'esperienza della trasformazione e della bellezza. E forse è proprio attraverso lo sguardo incantato di quella donna, intenta a contemplare un mistero indicibile ed eterno che si manifesta in un momento preciso, nel qui e ora delle immagini di un dramma teatrale, che l'anima pensa se stessa e che il pensiero immaginale – quello del cuore, quella "diversa conoscenza" inseguita da Donfrancesco fin dall'inizio della sua ricerca – si genera e ha modo di dispiegarsi ed esprimersi nella forma che più si addice alla sua natura. Una forma "mitologica e drammatizzante", come sosteneva Jung, non soltanto più espressiva e adeguata a rivelare il tessuto invisibile e archetipico del mondo e dell'esperienza, ma addirittura più accurata e precisa di qualsiasi astratta terminologia scientifica. Una forma metaforica che scaturisce dalla sensibilità "estetica", di chi non si preoccupa di dominare il mondo prendendo le distanze dalla materia viva e ribollente dell'esperienza, di interpretarla letteralmente e riduttivamente imprigionandola in rassicuranti categorie concettuali o imprimendo il marchio esclusivo della propria soggettività su tutto ciò che si presenta al suo cospetto, ma piuttosto di comprenderlo e abitarlo poeticamente riconoscendone le presenze animate e rilegando in immagini di scintillante "bellezza" tutto ciò che quello stile di conoscenza eroico, disincantato e antropocentrico ha rimosso o separato. Restituire luogo, voce e immagine alle dimensioni vulnerabili, fragili e inquietanti dell'esperienza, ricostituire il legame tra materia e spirito, tra soggetto e oggetto, tra concetto e fatto, tra perituro ed eterno è tra le principali preoccupazioni della posizione conoscitiva immaginativa che ben si esprime nella pittura di Cézanne, Music, Bonnard, Morandi, nella poesia di Pessoa, di Garcia Lorca e nell'opera di molti altri invisibili artisti ospitati con estremo riguardo nelle pagine di questo libro.
In una simile posizione conoscitiva, affettiva e partecipativa, e di improbabile validazione "scientifica", sembra essersi consapevolmente e serenamente collocato anche l'autore di Pensare l'anima che con questo volume ci offre il frutto più maturo della sua opera: un affresco delicato e appassionato di testi dedicati all'anima, a lungo meditati nell'alambicco della memoria e ripetutamente rielaborati nel tempo, che ci mostrano il divenire della sua elaborazione teorica scaturita dall'esperienza viva della pratica psicoanalitica e dagli incontri ravvicinati con quella affascinante Signora nei luoghi della memoria, del sogno, dell'arte figurativa e della cultura immaginale. Territori in cui Donfrancesco si è inoltrato con rispetto, cautela e stupore crescente, mai con lo sguardo del medico, dello psichiatra o del critico d'arte, ma piuttosto con quello dell'ospite, dell'apprendista o dell'amante desideroso di contemplare il volto dell'amata, di comprendere e imparare.
Più che costituire il tema di queste pagine, l'anima sembra esserne la musa ispiratrice, la silenziosa presenza che presiede al farsi e al ri-farsi di una elaborazione teorica che assomiglia a ciò che gli alchimisti chiamavano una visione (visio e theoria), che non abbandona mai le immagini a favore dei concetti e non ha mai la pretesa di imporsi come unica o definitiva. Una riflessione dell'anima, mai scissa dall'esperienza vissuta dell'anima, che si dispiega in una trama narrativa immaginosa e appassionata che, senza soluzione di continuità, connette le parole dell'autore con le pagine più intense di Jung, Hillman, Corbin, María Zambrano e di tutti gli artisti, scrittori, pensatori disseminati nel tempo che egli ha incrociato anche soltanto per un breve ma significativo istante, che ha incontrato e amato, e ha riconosciuto come maestri, mèntori e compagni di viaggio.
Un libro pensato immaginativamente, che adegua la sua struttura, il suo stile espositivo, il suo linguaggio e il ritmo della narrazione alle esigenze immaginative dell'anima, che non infligge tagli netti al corpo della materia trattata e non impone all'opera un ordine gerarchico e razionalizzante, ma evoca per noi tre luoghi simbolici entro cui, per tre volte, ci invita a sostare per coltivare l'immaginazione, ospitare gli invisibili e custodire la bellezza, e ci induce ad immaginare.
Un libro raro che riesce a "fare anima" anche nella teoresi, che ri-anima il pensiero e ben corrisponde alla fisionomia e alle intenzioni di quella "psicologia estetica" delineata in queste pagine. Una psicologia poetica che affida il suo sapere all'immaginazione creatrice e si rivolge con rinnovato interesse e rispetto al mondo immaginale dell'arte, per apprendere i modi conoscitivi e assimilare un linguaggio che, come sostiene l'autore, è "sostanzialmente omogeneo a quello dell'anima". Su questo particolare aspetto il contributo di Donfrancesco mi pare estremamente prezioso per il mondo della conoscenza ed anche per quello dell'educazione dove trova accoglienza e corrispondenze nell'ambito della "pedagogia immaginale" che, con simili presupposti ed intenzioni, si è rivolta al mondo immaginale dell'arte, del cinema e della poesia per restituire anima al pensiero pedagogico ed educare alla cognizione immaginativa.

Marina Barioglio







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