venerdì 8 giugno 2012

Fuoco e corpo immaginale


La pedagogia immaginale, così come ho cercato di formularla fin dall’inizio e poi via via con sempre maggiore profondità anche con il contributo di tutti coloro che l’hanno condivisa, non è fondamentalmente un’attività intellettuale. La ricerca immaginale è una ricerca percorsa con il cuore e con i sensi, con l’intuizione e con la passione, solo perifericamente è un atto intellettuale. I nostri autori (gli artisti) sono artefici di una conoscenza come “gnosi”, atto indiviso di apprensione del mondo nella sua integrità, che si realizza attraverso una ricettività globale. Il corpo è il ricettacolo ineludibile di ogni apprensione immaginativa e il tessuto emozionale, strettamente integrato al corpo, ne è la camera di risonanza primaria. E’ attraverso l’emozione corporea, anzitutto, che siamo colpiti e attraversati dall’immagine simbolica. La filosofia che si ispira all’immaginale, almeno nell’accezione in cui da anni mi propongo di diffonderla, non è la filosofia degli intellettuali, non è la filosofia teoretica né la filosofia degli asceti. Ho condiviso, fin da quando l’ho conosciuto, il punto di vista di Françoise Bonardel che contrappone proprio alla scissione inerente a tutti i saperi filosofici e disciplinari segnati dal primato del logos e dell’intelletto, una ricerca di tipo filosofale. Per noi i “filosofi” autentici sono i “figli d’Ermes” e, come per Artaud, l’alchimia è per noi un “combattimento per l’incarnazione” (Bonardel). La filosofia immaginale che pratico è dunque un’ esplorazione filosofale di una materia impura, quella dell’esperienza umana del mondo e dell’esperienza terrestre dell’uomo in costante simbolizzazione ma soprattutto un’educazione a farsi terrestri, radiosamente terrestri, a perfezionare ogni atto conoscitivo in esperienza integralmente vitale. Gli autori che gravitano in un simile travaglio di contaminazione, a gradi diversi di immersione nella pâte immaginale, sono molteplici, e vanno da Jung a Nietzsche, da Paracelso a Novalis, da Hillman e Durand a Deleuze, da Eraclito a Bachelard, da Rilke ad Artaud, da Corbin a Bousquet, da Caillois a Bonnefoy a Schérer. La nostra ricerca è stata fin dall’inizio immersione nella materia immaginale con la precisa consapevolezza che occorreva un’ accondiscendenza e una decostruzione di tutti i nostri apparati dottrinari e di tutti i nostri pregiudizi conoscitivi. Oggi ci rendiamo conto che il nostro apparato operativo, il nostro crogiolo, che chiamiamo “radura”, in onore ad una interpretazione radicale della nozione heideggeriana, è forse troppo statico e talora troppo freddo per accogliere l’incandescenza della materia immaginale in maniera omeopatica, come si conviene. Occorre dunque attivarlo maggiormente. Le nostre istruzioni restano valide, il nostro richiamo a non letteralizzare il cosmo immaginativo anche ma vogliamo aggiungere materia al fuoco. Da un fuoco di bagno vogliamo passare a un fuoco di fiamma, ad un fuoco più intenso. Occorre più calore corporeo, più preparazione all’incontro con le immagini, più conversione ad un attraversamento corporeo, carnale, da sperimentare attraverso il gesto, l’improvvisazione, la danza. All’immaginale si corrisponde con l’immaginale, cioè con un linguaggio che smarrisca quanto più è possibile le tracce di una razionalità diairetica e definitoria, di una cerebralità radicata in una tradizione che è in continuo movimento. Il linguaggio con cui aderire al mondo immaginale è sempre più quello del canto e della danza, del teatro e della poesia, di una “postura” filosofale sempre più aliena all’ipostatizzazione del concetto. Per questo introdurremo, dopo averle sperimentate e ponderate, progressivamente, nelle nostre sessioni di esercizio immaginale, pratiche di preparazione corporea, insieme a una elaborazione del vissuto corporeo dell’esperienza immaginale, ad un suo accompagnamento più caldo e ad una restituzione, in forme creatrici, delle risonanze e delle analogie attivate dall’incontro con la materia immaginale. L’esercizio immaginale non è un seminario di analisi critica o di analisi simbolica delle forme immaginali, è una passione partecipativa ad un mondo a sua volta vivente, di cui si tratta di abitare fino in fondo la carne incandescente.

1 commento:

  1. Paolo grazie per queste righe. Ogni volta che ti leggo ho la sensazione duplice di sapere già di cosa parli e di scoprire, però, ogni volta sfumature e collegamenti di senso nuovi, secondo la combinazione di parole che presenti. Il risultato è paradossale: un'illuminazione che pesca dal buio domande moltiplicate.
    Mi fai immediatamente ricordare tutte le volte in cui sono stato a contatto con la natura, in cui il movimento tra gli elementi (la terra, l'acqua, il ghiaccio, la pietra...) è stato il canale per simboleggiare col mondo, per sentirmi simboleggiato dal mondo. Questa possibilità del corpo di incontrare se stesso nel movimento, nel movimento nell'ambiente naturale, continua ad interrogarmi e a risuonare con questi pensieri. Mi piacerebbe un giorno parlarne insieme....
    Gerardo

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