sabato 21 maggio 2011

Giovani (corpi) violenti


Nei ripetuti episodi di cronaca che vedono giovani esprimersi con la violenza, talora gratuita e, come dicono i media, efferata, indubbiamente si coglie un’emergenza sociale ma, forse, affiora anche un sintomo, qualcosa cui occorrerebbe prestare un’attenzione non solo moralistica e securitaria ma anche un ascolto più audace e riflessivo.
La condizione giovanile non è mai stata così massicciamente impedita nel manifestare la propria pulsione aggressiva come oggi. La cultura dominante è radicalmente contraria all’esercizio della forza, il che probabilmente è un bene ma lascia inelaborata la richiesta irriducibile di un modo di dare forma all’energia, anche violenta, presente nei giovani. Energia, desiderio di rottura e trasgressione che sono un effetto in parte relativamente normale del processo di espansione del periodo ma che sono sovralimentati dalla pressione cui il giovane è costantemente sottoposto da una società che lo ossessiona con il suo attivismo e produttivismo sfrenato, con la misurazione continua del risultato e della prestazione e, soprattutto, con lo sterminio di qualsiasi vuoto aperto al libero esercizio dell’avventura, dell’espressione e della sperimentazione di sé con gli altri non vigilata e controllata.
I ragazzi non hanno più zone franche, sono intrappolati nel tessuto urbano che ne scruta e processa continuamente il comportamento. Sono letteralmente carcerati in un contesto che è pervasivamente normativo, senza interstizi, sottoposto a costante disciplinamento, in casa, a scuola, nelle varie esperienze di un fuori fittizio –palestre, laboratori, corsi di musica-, sempre regolate da una figura o più figure adulte di riferimento. Non hanno via di scampo, se non ancora una volta in spazi implosivi e claustrofobici come le discoteche o i pub (anch’essi al chiuso), con l’aiuto di sostanze psicotrope, dove certo esperiscono momenti di sfogo e di rottura ma spesso in forme frammentate e frustranti, con il rischio di feroci cortocircuiti psicofisici piuttosto che attraverso un’autentica esperienza di apertura e di emancipazione.
I giovani e le giovani hanno bisogno di scatenarsi, di espandersi, di perdersi e di ritrovarsi, per conto proprio, così come hanno bisogno di sperimentare maggiormente i loro corpi, non solo nello sport strettamente regolato, ma nella natura, nella strada e poi anche molto spesso nel combattimento, nella lotta, nella sperimentazione del contatto corpo a corpo. Corpo a corpo con gli altri ma anche con la materia, con la natura, con le forze che agiscono nella realtà. Inoltre i ragazzi hanno bisogno di arricchire lo scenario dei propri desideri, con attività ricche d’anima e non spente e irrilevanti sotto il profilo emotivo come quelle che gli vengono proposte specialmente nella scuola. Per i ragazzi l’immaginazione, la musica, la danza, il teatro, il gioco fisico e l’avventura devono essere le forme di traduzione della loro libido in espressione, in gesto, in simbolo. In assenza di luoghi e tempi diffusi dove liberamente fare esperienza di tutto ciò, si dà quell’anomia che poi si trasforma in violenza distruttiva o, peggio, in violenza contro sé stessi, in depressione e panico, in apatìa o in terrore di tutto.
Occorre allora ripensare lo spazio, il tessuto fisico dell’esperienza giovanile, sgomberarlo, liberarlo, disseminarlo di opportunità di nuovo cimento, di nuova sperimentazione. Svuotare del troppo pieno, aprire piste, radure, labirinti. Fare della città foresta e della foresta città. Perché vi sia campo aperto e nascondiglio, corsa libera e intimità. Il corpo deve essere posto al centro dell’educazione, come principio di affermazione, di movimento, di trasformazione. E’ lui il soggetto, non la testa pesante che sembra dirigerlo. Riportare il corpo al centro, come groviglio di pulsioni, carica magnetica che riconnette al mondo, significa accoglierne le infinite possibilità di manifestazione, dall’esplosione all’autocontrollo raffinato, rafforzandone le possibilità di conoscenza, di espressione, di congiunzione. Il corpo in tutta la sua fenomenologia di possibilità, corpo che crea, corpo che desidera, corpo che aggredisce e che lotta, corpo che riposa e corpo che fa corpo con la carne del mondo. Corpo come perno di una sovversione del processo di educazione, corpo integro, resuscitato, felice.

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