sabato 1 gennaio 2011

Del piacere per il gioco

Della necessità e dell'emergenza di affermare e infondere eros, passione e desiderio per il sapere nei luoghi scialbi e annoiati della formazione, come ingredienti essenziali per alimentare e rendere l'esperienza conoscitiva unica e indimenticabile, palpitante e generativa, sorprendente e trasformativa è la premessa e l'urgenza di questo post.
Del piacere per il gioco vuole provare ad evocare e a testimoniare, per ombre e riflessi, l'esperienza in un contesto educativo che apre ogni giorno il sipario al teatro del gioco e sul cui palcoscenico, emergendo dallo sfondo del mondo reale, appaiono e si muovono cose e persone in un tempo e in uno spazio "magico". Uno spazio e un tempo speciale, ambiguo e ambivalente che si situa entro il mondo reale ma che situa nel mondo del possibile, in un "ultramondo", direbbe il filoso spagnolo Ortega y Gasset, riconoscendo e sottolineando la "virtù magica" del gioco e del teatro di trasformare il reale per rap-presentare e mostrarci in trasparenza l'irreale, per condurci in una sfera immaginaria che sospende momentaneamente il fluire della vita. Anche l'immagine di Paul Klee sembra aprire il nostro sguardo su un altrove, su un altro mondo, un mondo acquatico e terrestre, notturno e diurno, fermo e fluttuante, delimitato e diffuso, interno e rivolto all'aperto, naturale e artificiale, umbratile e luminoso, giocoso e grave, attraversato da linee impercettibili e marcate di vita e di morte. Ogni singolo tratto, ogni elemento e ogni sfumatura di colore richiederebbe di essere ri-guardata e riletta, ci interroga e ci indica innumerevoli vie di significazione possibili che qui ci siamo limitati ad accennare ma che sembrano iniziare a nominare i tratti poliedrici, polisemici e ambivalenti del gioco e che abitano il particolare contesto educativo dello Spazio Gioco, di cui si vuole provare a lasciare una traccia.
Lo Spazio Gioco è un servizio educativo gestito e promosso dall'associazione L'abilità, strategie familiari nelle disabilità della prima infanzia. L'associazione opera a Milano dal 1998, proponendosi di intervenire laddove non arrivano le istituzioni e i servizi, insinuandosi nella zona misterica del danno, del dolore, della sofferenza nelle loro molteplici e imperscrutabili manifestazioni, laddove precipano le famiglie, con la finalità di costruire opportunità di benessere per il bambino con disabilità, offrendo sostegno ai suoi genitori e promuovendo una cultura più attenta ai diritti delle persone con disabilità. Lo Spazio Gioco nasce con l'obiettivo di restituire il diritto e il piacere per il gioco. Restituire il diritto al gioco al bambino disabile credo significhi innanzitutto provare a invertire, secondo le indicazioni di una pedagogia immaginale, il nostro sguardo compensando l'immaginario diurno ed eroico della nostra cultura occidentale che ci porta a confondere la sofferenza, la debolezza, la ferita con qualcosa di "guasto o di sbagliato" da raddrizzare, correggere e riparare sempre e in ogni caso. Per questo di fronte al disagio, alle diverse patologie, ai disturbi generalizzati dello sviluppo, alle difficlotà dell'agire o di non riuscire a stare fermi e concentrati, al deficit percettivo, cognitivo e motorio, a un'assenza o una scarsa motivazione e iniziativa rischiamo di negare il diritto al gioco ritenendolo, banalmente, una delle capacità maggiormente compromesse e utilizzandolo solo come mezzo e strumento terapeutico per sviluppare abilità sociali, linguistiche e cognitive. Lo Spazio Gioco si propone di compensare il tempo che il bambino trascorre nei contesti medico-riabilitativi pensando e istituendo una radura spazio-temporale dove il bambino può trovare riposo dal "generale tratto futuristico" della vita, da ogni obiettivo terapeutico in un presente tranquillo, autonomo, che ha solo scopi intrinseci e di piacevolezza. In questo senso il piacere è un fine intrinseco del gioco che ne svela la sua intima essenza, il piacere è un elemento strutturale del gioco, come indica il filosofo e fenomenologo Eugen Fink, è un elemento singolare e difficile da comprendere. "E' un piacere che può assorbire in sé la profonda tristezza e la sofferenza abissale, che può abbracciare il tremendo sempre gioiosamente". E allo Spazio Gioco il piacere abbraccia il "tremendo" della disabilità, che spesso con troppa disinvoltura e semplicisticamente associamo al bambino down, abbraccia il sapere misterico del male, il suo inquietante esserci, la sua presenza oscura che interroga il nostro senso del limite. Il piacere è estasi e rapimento che ammalia e conduce il bambino in una dimensione altra, in una sfera immaginaria che gli consente di giocare i suoi limiti: non solo ha la possibilità di sperimentare abilità sconosciute ma anche di alleggerire la realtà della disabilità spostando la frustrazione di non riuscirci, di non vedere, di non camminare, di non leggere in un un contesto protetto e più accettabile, superando ed uscendo dall'isolamento a cui va incontro quando si confronta sempre e solo con i suoi limiti e la sua solitudine. Il piacere è stupore e godimento del corpo, è la sensazione gradevole ed emozionante di ascoltare una cascata di farina, gialla o bianca, o di pangrattato sulle proprie braccia e gambe, di ricoprirsi completamente il corpo di tempera o di creta, di massaggiare le mani e i piedi con un impasto di colla e zucchero per sentire, percepire e accorgersi del proprio corpo.
Il piacere è la passione e il desiderio dell'adulto, dell'educatore di giocare, di porsi e sostare sulla soglia del gioco, di creare e istituire uno spazio e un tempo bello, affascinante, sorprendente e adeguato alle possibilità e alle mancanze dei bambini. E' un piacere nuovamente difficile da spiegare e comprendere per chi si confronta quotidianamente con il danno, la malattia, il dolore, il male e che ci fa confrontare ogni giorno con il "nostro essere limitati, finiti, mortali, impotenti, malati e feriti, proprio come i soggetti che abbiamo in cura", che ci chiede di rimanere in ascolto della nostra debolezza, del fondo di oscurità che ci abita per continuare a condividere la casa di chi alberga dentro la luce bassa della diversità.

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