venerdì 7 gennaio 2011

Elogio dell'ozio

Lo scorrere dei giorni, soprattutto di quelli vacanzieri, può essere con stupore accompagnato da momenti rari e preziosi, abitati solo dall’ozio.

L’ozio è una figura che, come una crepa, segna e si insinua nello scorrere inesorabile del tempo che passa e che essa pare sospendere e lasciare appeso, in attesa, insieme al flusso inarrestabile del nostro fare.

Anche quando non siamo sollecitati dal lavoro, fuggiamo l’ozio, esorcizziamo in mille modi il fantasma della perdita e dello spreco del tempo e con esso i sensi di colpa che si accompagnerebbero alla nostra incapacità di efficienza, di resa produttiva, di fare operoso. Insieme all’ozio fuggiamo la noia, il già visto, l’inutile, a favore di orizzonti sempre nuovi, effervescenti e luminosi.

L’ozio, come tutti gli aspetti più oscuri, notturni, della nostra esistenza, può ancora farsi largo, nella nostra esistenza, come una “protesta dell’anima e del cuore” (Hermann Hesse), come un invito, figlio della materia tenebrosa, a lasciarci rallentare e sedurre dalle possibilità del tempo di dilatarsi e di discendere, di approfondirsi.

Potremo allora raccogliere il suggerimento di Thomas Moore quando sollecita a rifuggire da uno sfrenato attivismo, per prendersi cura dell’anima, confidando che “molto possa essere portato a compimento grazie al non fare”.

Oziare, dunque, rallentando il nostro Io eroico, mettendolo tra parentesi, umiliandolo anche un po'. Al suo posto, dare spazio ad altro, fare anima, per seguire l’insegnamento di James Hillman: invece di crescita e luce, “fantasia, immagine, riflessione, visione interiore, e anche rispecchiare, trattenere, cuocere, digerire, spettegolare, fare da eco, dare profondità”.

Chardin ci consegna l’immagine di un uomo, colto nell’incanto sospeso del momento in cui fa una bolla di sapone: lo sguardo assorto di chi si stupisce e si attarda a contemplare una piccola meraviglia.

Sarà allora ancora possibile ritrovare quest’oziare nella nostra quotidianità, abitare questa terra di mezzo che ci potrebbe consentire un accesso alla parte più notturna di noi stessi, ad andare oltre l’immediato e il visibile? Sarà allora ancora possibile oziare da soli o con altri, magari anche insieme ai nostri bambini e (perché no?) ai nostri studenti? Insegnare ad oziare: a godere di un tempo sospeso, in cui apprezzare una musica ma anche un silenzio, a guardare insieme un dipinto, a fare una passeggiata, a immaginare il volo di una bolla di sapone...

Nessun commento:

Posta un commento